Nel 1920, degli
esperimenti hanno dimostrato che un ceppo di batteri innocui poteva
diventare infettivo quando veniva miscelato con un ceppo virulento di
batteri che erano già stati uccisi. I batteri morti a quanto pare
fornivano una certa sostanza chimica che "trasformava" i
batteri innocui in virus che infettavano. Questo cosiddetto
"principio trasformante" sembrava essere un gene.
I geni sono
localizzati nei cromosomi (negli anni '40).
I cromosomi sono
formati da atomi disposti in molecole. Iniziò allora la genetica
molecolare, per capire la struttura chimica dei cromosomi, per poi
comprendere il loro ruolo, altri dicevano che era impossibile.
Le prime analisi
rivelarono che il cromosoma eucariote è formata sia dal DNA
(polimero formato da 4 nucleotidi) sia dalle proteine (polimeri di
amminoacidi, i quali sono 20). Essendo che le proteine possedevano
maggiori combinazioni possibili rispetto al DNA, si pensò che esse
erano le vere depositarie dei geni, e che quindi essei fossero di
natura proteica, ipotesi che sarà poi smentita.
Nel 1943, Oswald
T. Avery e il suo team, presso il Rockefeller Institute analizzando i
risultati di esperimenti indotti su alcuni batteri, scoprirono che il
DNA era il portatore del materiale genetico, e non le proteine. Ciò
fu difficile da dimostrare, dato che i batteri erano considerati
esseri “inferiori”, e la convinzione che le proteine fossero le
portatrici del materiale genetico.