Carl Correns |
Nel 1866 Mendel espose la sua teoria
genetica nel “Saggio sugli ibridi”, ma ben 34 anni dopo, nel
1900, fu riscoperto dal botanico tedesco Carl Correns, il quale
arrivò alle stesse conclusioni dell'abate austriaco. Agli inizi del
Novecento, furono condotte numerose ricerche per confermare la
validità delle leggi di Mendel da altri scienziati, fondando la
genetica classica, ovvero il ramo della biologia che si occupa di
sviluppare i fondamenti del monaco agostiniano.
I criteri dello scienziato non sempre
si rivelarono semplici e lineari, arrivando a scoprire per esempio
che gli effetti fenotipici di un gene sono influenzati anche dagli
altri presenti nell’organismo o dall’ambiente.
Ronald Aylmer Fisher |
Però nel 1936 un genetista britannico,
Ronald Aylmer Fisher, dimostrò che il padre della genetica aveva manipolato
in precedenza i risultati delle sue ricerche sugli incroci fra le
diverse piante di pisello per rendere la sua ipotesi corretta (la
quale lo è veramente, ma i risultati sono troppo perfetti).
Le mutazioni sono cambiamenti
dell’assetto genetico
Hugo de Vries |
Nel 1902 il biologo olandese Hugo de
Vries, uno dei tanti scienziati che arrivò alle stesse conclusioni
di Mendel, condusse esperimenti sulla pianta “rapunzia a grandi
fiori” (Oenothera lamarckiana) per studiare i fenomeni dell’eredità
mendeliana, scoprendo una novità: l’apparizione di caratteri non
presenti nei genitori o negli antenati.
Rapunzia a grandi fiori (Oenothera lamarckiana) |
Egli ipotizzò che tali
caratteri erano dovuti al cambiamento improvviso nei geni che li
codificano, chiamato mutazione, e definendo gli organismi affetti da
questa alterazione mutanti.
Le mutazioni possono essere vantaggiose
quando favoriscono l’organismo che le porta, come per esempio la
tolleranza al lattosio (circa 10000 anni fa), dando la possibilità
all’uomo di sopravvivere cibandosi di latte ed i suoi derivati, o
la mimetizzazione in alcuni animali; invece le mutazioni sono
svantaggiose se sfavoriscono l’essere la specie come l’albinismo
e la PKU o Fenilchetonuria, malattia che prevede alti tassi di
fenilpiruvato (prodotto metabolico della fenilalanina) nelle urine e
fenilalanina nel sangue, dovuta ad una mutazione recessiva di un gene
localizzato nel cromosoma 12.