sabato 25 maggio 2013

Alcune malattie umane legate al sesso possono avere gravi conseguenze




Il daltonismo consiste nell'incapacità di percepire in modo corretto alcuni colori, come il rosso dal verde; essendo i geni che servono per codificare questi colori sullo stesso cromosoma, se uno non funzione, vedo solamente l'altro colore, e viceversa.


















L'emofilia consiste in un gruppo di malattie che comportano un coagulamento del sangue non normale, provocando spesso la morte per emorragia, legata all'incapacità di produrre una particolare proteina, Fattore VIII. Questa malattia comportò in passato nella famiglie reali europee molti morti, come alcuni figli di Elisabetta I d'Inghilterra e il figlio dell'ultimo zar di Russia Nicola Romanov, Aleksej.


Fattore VIII



Un'altra malattia legata al sesso è la distrofia muscolare di Duchenne che provoca una grave insufficienza dei muscoli volontari. Ciò è dovuto da una proteina chiamata distrofina che è presente in forma difettosa, scoperta nel 1987 dal genetista Louis M. Kunkel. Per sconfiggere questa malattia si possono impiantare cellule staminali che permettono la rigenerazione del tessuto muscolare, oppure usando farmaci che contengono l'utrofina, una proteina che sostituisce la distrofina.



Un'altra malattia importante è il favismo, dovuta alla carenza dell'enzima glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, presente nei globuli rossi, i quali si autodistruggono (emolisi), provocando una forte anemia con collasso cardiocircolatorio. Ciò è dovuto all'ingerimento di alcuni cibi come le fave o alcuni farmaci che inibiscono la corretta funzione di questo enzima.

Fave fresche

Glucosio-6-fosfato deidrogenasi

Infine la sindrome dell'X fragile è anche molto colpita.

Il cromosoma Y porta meno geni del cromosoma X

Essendo il cromosoma Y più piccolo del cromosoma X, esso porta una minor quantità di informazioni genetiche. Pertanto la maggior parte dei caratteri espressi nel fenotipo sono influenzati dai geni sul cromosoma X. Il gene che è responsabile della presenza dei peli sui lobi delle orecchie si trova sul cromosoma Y, pertanto le femmine non potranno mai averlo.
L'eredità dei caratteri recessivi legati al cromosoma X è studiata per malattie umane come il daltonismo.
Vediamo un esempio di albero genealogico.


I genitori della generazione P sono una femmina portatrice sana (XX) e un maschio sano (XY).
Essi hanno 4 figli, che costituiranno la generazione F1: una femmina portatrice sana (XX) perché prende un allele sano dal padre (X), uno recessivo dalla madre (X), una femmina sana perché prende un allele sano dal padre (X) ed una sano dalla madre (X), un maschio daltonico perché prende un allele recessivo dalla madre (X) e l'allele Y del padre, e l'ultimo maschio sano che possiede un allele sano della madre (X) e l'allele sano del padre (Y).
Vediamo ora le generazione F2; il maschio sano (XY) con la femmina portatrice (XX) fanno 4 figli:
una femmina portatrice sana (XX), una femmina sana (XX), un maschio daltonico (XY) e un maschio sano.
Nell'altra coppia, una femmina sana (XX) e un maschio daltonico (XY) procreano 4 figli: due femmine portatrici sane (XX), dato che l'allele del padre è recessivo e i due della madre normali, e due maschi normali (XY), dato che la mamma possiede entrambi gli alleli normali e l'allele Y è normale.

Morgan condusse i suoi studi sui geni portati dai cromosomi sessuali

Thomas Hunt Morgan, biologo statunitense, studiò i geni che si trovavano sui cromosomi sessuali, i quali portano con sé informazioni ereditarie che non seguono prettamente le leggi mendeliane: si parla perciò di caratteri legati al sesso. Egli scelse come organismo modello il moscerino Drosophila melanogaster, i quali possiedono solo quattro paia di cromosomi (2n=8) e, insieme al suo team individuò le principali differenze del fenotipo dei vari moscerini, scoprendone una mutante con gli occhi bianchi.



Esso fu incrociato con una femmina omozigote dagli occhi rossi, ottenendo nella generazione filiale uno (F1) tutti discendenti con gli
occhi rossi.



































Dopodiché vennero incrociati fra loro i membri della generazione F1, creando nella F2 maschi e femmine con occhi rossi e solamente una parte di maschi con gli occhi bianchi.


Infine incrociò il maschio di partenza con gli occhi bianchi con una femmina della F1, ottenendo anche femmine con occhi bianchi.
Pertanto il gene per il colore degli occhi è presente solo sul cromosoma X, e il cromosoma Y in generale porta pochissime informazioni genetiche.




La presenza di specifici cromosomi determina il sesso di un individuo

Sutton osservò che i cromosomi in un organismo diploide sono presenti in coppie, i quali vengono definiti autosomi, e uguali sia nei maschi sia nelle femmine, tranne che per una coppia, i quali si chiamano cromosomi sessuali.  
Nella maggior parte dei mammiferi, la femmina possiede due cromosomi sessuali identici, definiti ognuno per convenzione cromosoma X, cosicchè il cromosoma 23 o quello sessuale nella donna è XX. Nel maschio invece i cromosomi sessuali sono costituiti da un cromosoma X e da un cromosoma Y, più piccolo del precedente, e vengono definiti XY.
Nella fase meiotica si formano i gameti, nei maschi una metà è costituita da spermatozoi che possiedono il cromosoma X, l'altra metà dai cromosomi Y, mentre la madre produce sempre X.
Perciò il sesso del nascituro può essere per il 50% maschio e per il restante 50% femmina.



Esiste una relazione tra le teorie di Mendel e la meiosi

Walter Stanborough Sutton
Nel 1902 il biologo statunitense Walter Stanborough Sutton stava studiando la produzione di gameti maschili di cavalletta quando, osservando il processo meiotico, vide che i cromosomi erano appaiati già all’inizio della meiosi e che si assomigliavano tanto.
Egli riuscì a motivare la legge di segregazione di Mendel perché ipotizzò che gli alleli dei geni si trovavano separati sui cromosomi omologhi e al momento della separazione di questi, durante la fusione dei gameti si formavano nuovi alleli; anche la legge di assortimento indipendente trovò una motivazione perché se i geni si trovassero sullo stesso cromosoma, farebbero parte dello stesso gamete, mentre se sono posizionati sui cromosomi omologhi, quando essi si separano, anche i geni si scindono conseguentemente. Concluse perciò che i cromosomi fossero i portatori dei geni.

lunedì 20 maggio 2013

Un singolo gene può avere effetti multipli: pleiotropia e fattori ambientali



Gatto siamese
Molti geni codificano solamente per un carattere, tuttavia si possono avere geni che presentano un molteplice effetti sul fenotipo di un organismo, definendo questo effetto pleiotropia.
Un esempio si ha nei ratti, dove un gene che controlla la formazione della cartilagine, se mutato può far restringere la trachea nello stesso tempo, perdita dell’elasticità dei polmoni...
Solitamente l’espressione genica è il risultato dell’ambiente in cui risiede l’organismo: ad esempio i gatti siamesi hanno le orecchie, le zampe, il naso e la coda di colore scuro, ma se vengono allevati a temperature al di sopra dei 35°C il mantello appare bianco.




Esistono interazioni anche tra alleli di geni diversi: epistasi ed eredità poligenica


La maggior parte delle caratteristiche del fenotipo di un organismo è il risultato dell’interazione fra due o più geni distinti.
Quando interagiscono due geni distinti può apparire un fenotipo del tutto nuovo come nella cresta dei polli, oppure non produrne alcun nuovo tipo, dove un gene può mascherare il risultato di un altro, definendo questa interazione epistasi: ad esempio la funzione uditiva è legata a due geni e richiede un allele dominante in ciascuno dei due (perciò eterozigoti, ma andrebbero bene anche omozigoti dominanti), mentre se solo uno fosse omozigote recessivo, l’altro è mascherato e la persona è incapace di udire.


Altri caratteri, come la statura e il colore della pellesono, sono il risultato di interazioni di molteplici geni: questo fenomeno è definito eredità poligenica, dove i caratteri differiscono lievemente in una gradazione detta variazione continua.





Un gene può possedere più di due forme alleliche


Ogni gene può avere solamente due alleli in un organismo diploide, ma in una popolazione, a causa delle mutazioni, si possono avere molteplici forme alleliche per gene: ad esempio nel colore del manto di alcuni mammiferi, oppure come in noi esseri umani che possediamo quattro principali gruppi sanguigni, determinati dalla combinazione di tre alleli (A, B e 0). A e B sono codominanti, 0 è recessivo.



























Le caratteristiche dei gruppi sanguigni sono le seguenti:

1) Fenotipo => 0;
    Genotipo => 00;
    Polisaccaride sulla superficie del globulo rosso => assente;
    Anticorpi presenti nel plasma sanguigno => anticorpo A e anticorpo B;
    Reazione con anticorpo A => no;
    Reazione con anticorpo B => no;
    Possibilità di trasfusione (donatore ==> ricevente) => 0 ad A/B/AB;
2) Fenotipo => A;
    Genotipo => AA, 0A;
    Polisaccaride sulla superficie del globulo rosso => polisaccaride A;
    Anticorpi presenti nel plasma sanguigno => anticorpo B;
    Reazione con anticorpo A => sì;
    Reazione con anticorpo B => no;
    Possibilità di trasfusione (donatore ==> ricevente) => A ad A/AB;
3) Fenotipo => B;
    Genotipo => BB, 0B;
    Polisaccaride sulla superficie del globulo rosso => polisaccaride B;
    Anticorpi presenti nel plasma sanguigno => anticorpo A;
    Reazione con anticorpo A => no;
    Reazione con anticorpo B => sì;
    Possibilità di trasfusione (donatore ==> ricevente) => B a B/AB;
4) Fenotipo => AB;
    Genotipo => AB;
    Polisaccaride sulla superficie del globulo rosso => polisaccaride A e polisaccaride B;
    Anticorpi presenti nel plasma sanguigno => assente;
    Reazione con anticorpo A => sì;
    Reazione con anticorpo B => sì;
    Possibilità di trasfusione (donatore ==> ricevente) => AB ad AB.

RICORDA!

Il fenotipo del sangue è dato dai polisaccaridi presenti sui globuli rossi, mentre gli anticorpi (delle speciali proteine) riconoscono i polisaccaridi diversi dal proprio gruppo sanguigno.








La dominanza incompleta e la codominanza sono interazioni tra alleli dello stesso gene


Talvolta incrociando una pianta di bocca di leone con fiori rossi con un’altra con i fiori bianchi si producono eterozigoti di colore rosa, ovvero il fenotipo dell’eterozigote mostra caratteristiche intermedie tra quelle di due omozigoti, definendo tale fenomeno dominanza incompleta.


Infatti è presente un allele dominante, ma non abbastanza per subentrare definitivamente al posto del recessivo.
In altri casi gli eterozigoti non mostrano fenotipi intermedi, ma entrambi i fenotipi omozigoti da su deriva, cioè funzionano contemporaneamente e nessuno prevarica sull’altro (come nel gruppo sanguigno AB).

Eccezioni alle leggi di Mendel

Carl Correns
Nel 1866 Mendel espose la sua teoria genetica nel “Saggio sugli ibridi”, ma ben 34 anni dopo, nel 1900, fu riscoperto dal botanico tedesco Carl Correns, il quale arrivò alle stesse conclusioni dell'abate austriaco. Agli inizi del Novecento, furono condotte numerose ricerche per confermare la validità delle leggi di Mendel da altri scienziati, fondando la genetica classica, ovvero il ramo della biologia che si occupa di sviluppare i fondamenti del monaco agostiniano.








I criteri dello scienziato non sempre si rivelarono semplici e lineari, arrivando a scoprire per esempio che gli effetti fenotipici di un gene sono influenzati anche dagli altri presenti nell’organismo o dall’ambiente.

Ronald Aylmer Fisher
Però nel 1936 un genetista britannico, Ronald Aylmer Fisher, dimostrò che il padre della genetica aveva manipolato in precedenza i risultati delle sue ricerche sugli incroci fra le diverse piante di pisello per rendere la sua ipotesi corretta (la quale lo è veramente, ma i risultati sono troppo perfetti).











Le mutazioni sono cambiamenti dell’assetto genetico

Hugo de Vries
Nel 1902 il biologo olandese Hugo de Vries, uno dei tanti scienziati che arrivò alle stesse conclusioni di Mendel, condusse esperimenti sulla pianta “rapunzia a grandi fiori” (Oenothera lamarckiana) per studiare i fenomeni dell’eredità mendeliana, scoprendo una novità: l’apparizione di caratteri non presenti nei genitori o negli antenati.

Rapunzia a grandi fiori (Oenothera lamarckiana)













Egli ipotizzò che tali caratteri erano dovuti al cambiamento improvviso nei geni che li codificano, chiamato mutazione, e definendo gli organismi affetti da questa alterazione mutanti.
Le mutazioni possono essere vantaggiose quando favoriscono l’organismo che le porta, come per esempio la tolleranza al lattosio (circa 10000 anni fa), dando la possibilità all’uomo di sopravvivere cibandosi di latte ed i suoi derivati, o la mimetizzazione in alcuni animali; invece le mutazioni sono svantaggiose se sfavoriscono l’essere la specie come l’albinismo e la PKU o Fenilchetonuria, malattia che prevede alti tassi di fenilpiruvato (prodotto metabolico della fenilalanina) nelle urine e fenilalanina nel sangue, dovuta ad una mutazione recessiva di un gene localizzato nel cromosoma 12.

Le leggi dell'ereditarietà... Gregor Johann Mendel


Charles Darwin
Mentre Charles Darwin pubblicava la sua opera fondamentale “L'origine delle specie”, un suo contemporaneo, Gregor Johann Mendel, abate di un monastero nella città austro-ungarica Brünn (nell'attuale Repubblica Ceca), eseguì una serie di esperimenti e studi sulle piante di pisello, dimostrando come i caratteri ereditari siano trasmessi secondo unità distinte, passando da una generazione all'altra.

Inoltre egli realizzò un nuovo metodo scientifico, basato su alcune regole:
  1. l'utilizzo di caratteri ereditari netti, tralasciando quelli incerti;
  2. lo studio di più generazioni precedenti ad un organismo;
  3. l'analisi dei dati ottenuti con una logica matematica;
  4. descrizioni attente e dettagliate degli esperimenti, facilitando la riproducibilità.



L'esperimento


Utilizzò le piante di pisello perché erano facilmente reperibili, crescevano e si riproducevano rapidamente, utilizzando l'autofecondazione (essendo dotati di entrambi gli apparati riproduttivi).
Mendel trasferì il polline (gameti maschili) dalle antere (organo riproduttivo maschile) di un fiore agli ovari (organo riproduttivo femminile) di un altro della stessa generazione, senza riscontrare cambiamenti nel fenotipo. Incrociando due linee pure (generazione parentale P), ottenne una generazione (prima generazione filiale F1 ) dove tutti i discendenti
mostravano uno dei due caratteri trasmessi dai genitori definito dominante, mentre l'altro rimaneva apparentemente scomparso è chiamato recessivo.  
In seguito formulò la legge di dominanza, secondo la quale dall'incrocio di due individui che differiscono per una sola coppia di caratteri si ottengono tutti individui che mostrano il carattere dominante.

Successivamente incrociò gli individui della stessa generazione F1, ottenendo nella seconda generazione filiale F2 la ricomparsa del carattere recessivo, il quale stava in un rapporto con il carattere dominante 3:1.


Formulò così la la legge di segregazione, secondo la quale ogni individuo ha coppie di fattori o alleli (uno paterno l'altro materno) per ogni unità ereditaria (gene) e i membri di una coppia segregano nella formazione dei gameti.
Gli alleli sono rappresentabili con lettere maiuscole per i caratteri dominanti, e minuscole per i caratteri recessivi, i quali combinandosi danno origine a individui omozigoti per un carattere se i due alleli sono uguali tra loro (esempio VV o vv), mentre se i due alleli sono diversi tra loro (esempio Vv), l'organismo è detto eterozigote per quel carattere.
Con il quadro di Punnet si può ricavare le caratteristiche dell'individuo.

Infine Mendel fece degli incroci fra piante di piselli che differivano per due o più caratteri della prima generazione filiale e, in base ai risultati ottenuti, l'abate formulò la legge di assortimento indipendente, secondo la quale quando si formano i gameti, gli alleli di un gene si separano indipendentemente dagli alleli di un altro gene.




sabato 11 maggio 2013

La proteomica

Le proteine espresse nelle singole cellule di un organismo costituiscono il proteoma, il quale è espresso in maniera diversa in base alla funzione della cellula, pertanto al tipo di tessuto che costituisce. È nata una nuova disciplina, la proteomica, la quale studia le relazioni fra i geni e le rispettive proteine: infatti se prendessimo in esame una particolare proteina in una cellula, analizzandola per bene riusciamo a determinare l'RNA messaggero da cui proviene, cioè il trascrittoma, il quale se è la copia complementare del gene da cui proviene. Pertanto è come se si percorresse a ritroso il tragitto Gene (DNA) => RNA => Proteina.
Fino ad oggi tutte le proteine sono codificate da 25000 geni, le quali sono presenti in maggior quantità, come mai? Ancora una volta grazie allo splicing alternativo, cosicché ogni segmento di DNA codifica più proteine.

Essendo moltissime le proteine a disposizione negli esseri viventi, come capire quali sono presenti in una singola cellula?
Elettroforesi bidimensionale







































La maggior parte delle volte si utilizza la stessa tecnica di laboratorio, la quale comprende due passaggi: l'elettroforesi bidimensionale su gel, nella quale le proteine, inserite in un tubo di gel, si separano per mezzo di un campo elettrico, in base al loro pH, e separate ulteriormente su una lastra a carica negativa in base alla propria massa; e infine la spettrometria si massa, dove le catene polipeptidiche vengono scisse dall'enzima proteasi, ricavando le catene amminoacidiche, le quali possono essere tradotte nel corrispettivo mRNA.

Spettrometria di massa


La genetica dello sviluppo


Ogni individuo pluricellulare inizialmente si presenta in un'unica cellula detta zigote, la quale si sviluppa secondo processi ben definiti e precisi, studiati appunto dalla genetica dello sviluppo.
Nello sviluppo dello zigote possiede fondamentale importanza la regolazione genica differenziale, ovvero l'attivazione o disattivazione dei geni. Vediamo le fasi di sviluppo embrionale:


  1. Fase I: le nurse cells possiedono dei geni (bicoide) che trascrivono un RNA messaggero (mRNA bicoidale) che si dirige verso la cellula uovo, la quale orienta i microtubuli del suo citoscheletro, formando due poli che costituiranno l'asse antero-posteriore, il quale dirige anche quello dorso-ventrale e sinistro-destro;                                                                                                                                                                                                                                                                            
                                                                                                                                                                            
  2. Fase II: si attivano alcuni geni che inducono la segmentazione dello zigote;                                                                                                                                                                                                    
                                                                                                                                                             
  3. Fase III: vengono attivati i geni omeotici, i quali stabiliscono quali parti del corpo devono costituire i vari segmenti dell'embrione. Si è visto che in tutti gli eucarioti finora analizzati che sono presenti delle sequenze formate da 180 nucleotidi all'interno di questi geni che vengono definite homeobox, le quali codificano proteine omeotiche che si attaccano agli enhancer;                                                                                                                                                                                                                      
                                                                                                                                                                                           
  4. Fase IV: avviene il differenziamento cellulare, ovvero la morfologia e la funzione proprie di ogni cellula. Tutto inizia da una cellula staminale totipotente, una cellula che è in grado di originare qualsiasi tipo di cellula; mano a mano che le cellule perdono questa capacità, esse si specializzeranno nella formazione di cellule dello stesso tipo (staminali unipotenti).
Le quattro fasi sono state studiate soprattutto da quegli animali definiti modello, ossia il moscerino Drosophila melanogaster



o il piccolo pesce Danio rerio

o il verme nematode Caenorhabditis elegans


o il topo Mus musculus





La regolazione genica dopo la trascrizione


Esistono sostanzialmente tre fasi dove si esegue la regolazione genica dopo la trascrizione:

  1. Durante la maturazione dell'mRNA, dove lo stesso segmento di DNA può fabbricare diverse proteine durante lo splicing alternativo, rilasciandole in base alla richiesta temporanea, donde evitare inutili prodotti;
  2. Durante la traduzione, dove alcuni enzimi definiti repressori traduzionali, come l'FMRP, regolano a livello traduzionale l'mRNA nelle cellule nervose, bloccando la sintesi delle proteine quando esse sono presenti in quantità sufficienti.
    Una mutazione che danneggia il gene codificante questo importante enzima può causare la sindrome dell'X fragile (o sindrome di Martin Bell), una malattia di ritardo mentale ereditaria, nella quale il cromosoma X presenta nella parte finale di uno dei due bracci lunghi un resto di cromosoma attaccato tramite un pezzo di DNA, formato da sequenze nucleotidiche CGG poste in tandem.
    I repressori possono anche essere piccoli segmenti di RNA chiamati microRNA (miRNA) oppure brevi interferenti RNA (siRNA), i quali demoliscono l'RNA messaggero quando esso è danneggiato o quando ha terminato il suo compito.
    Oggi grazie a questo processo (RNA interference o RNAi) si riescono a sconfiggere molte malattie infettive, essendo i miRNA e i siRNA riproducibili in laboratorio.
Cromosoma X fragile

          
                                              

3.  Infine la regolazione può avvenire alla fine della traduzione, comportando un allungamento o accorciamento del tempo di permanenza delle proteine nella cellula, rompendole, ad esempio, se bisogna limitare la loro azione.

domenica 5 maggio 2013

Un gene, una proteina

Archibald Garrod
Nel 1902 Archibald Garrod descrisse l'alcaptonuria e tutte le malattie ereditarie come “errori congeniti del metabolismo”, ipotizzando che un gene difettoso non permetteva la corretta metabolizzazione dell'organismo.







George Beadle
L'ipotesi di Garrod venne dimostrata nel 1941 da George Beadle ed Edward Tatum, i quali scoprirono che le muffe rosse del pane (Neurospora Crassa) esposte ad alcune radiazioni, perdono la loro capacità di fabbricare alcuni nutrienti, rallentando o fermando la loro crescita conseguentemente; mentre se venivano fornite dall'esterno particolari sostanze nutritive, esse riprendevano la crescita. Perciò conclusero ch ciascun gene porta con sé le informazioni per creare una proteina (enzima), necessaria per sintetizzare un nutriente.

Edward Tatum




Neurospora crassa


La Neurospora cresce bene su un terreno minimo, una sorta di liquido costituito da acqua, sale, zucchero e ossigeno (O2), i quali vengono trasformati in amminoacidi e vitamine dagli enzimi contenuti nei propri geni. Se mutassimo un gene che fabbrica un particolare enzima per sintetizzare le sostanze nel terreno minimo e fabbricare delle altre, esso non funzionerà più, facendo morire la muffa. Invece se le sostanze vengono fornite dall'esterno, essa potrà continuare a vivere sul terreno minimo.

Herman Muller
Nel 1927 Herman Muller mostrò che i raggi X causano mutazioni ai geni, cosicchè i due scienziati irradiarono un serie di campioni (cultura) di muffa e li fecero crescere ciascuno su un terreno completo. Da qui, presero tutti i campioni e li fecero crescere in parte su un terreno minimo, finché la 299esima cultura cresceva soltanto sul terreno completo. Allora inserirono degli amminoacidi, ma la Neurospora cresceva soltanto con l'aggiunta di vitamine, ma quali? Essi ne aggiunsero una svariata quantità una alla volta, scoprendo poi che la vitamina mancante era la B6. Perciò i raggi X avevano mutato il gene che produceva un particolare enzima che sintetizzava
questa vitamina.

Un gene è fatto di DNA

Nel 1920, degli esperimenti hanno dimostrato che un ceppo di batteri innocui poteva diventare infettivo quando veniva miscelato con un ceppo virulento di batteri che erano già stati uccisi. I batteri morti a quanto pare fornivano una certa sostanza chimica che "trasformava" i batteri innocui in virus che infettavano. Questo cosiddetto "principio trasformante" sembrava essere un gene.  

I geni sono localizzati nei cromosomi (negli anni '40).
I cromosomi sono formati da atomi disposti in molecole. Iniziò allora la genetica molecolare, per capire la struttura chimica dei cromosomi, per poi comprendere il loro ruolo, altri dicevano che era impossibile.
Le prime analisi rivelarono che il cromosoma eucariote è formata sia dal DNA (polimero formato da 4 nucleotidi) sia dalle proteine (polimeri di amminoacidi, i quali sono 20). Essendo che le proteine possedevano maggiori combinazioni possibili rispetto al DNA, si pensò che esse erano le vere depositarie dei geni, e che quindi essei fossero di natura proteica, ipotesi che sarà poi smentita.

Nel 1943, Oswald T. Avery e il suo team, presso il Rockefeller Institute analizzando i risultati di esperimenti indotti su alcuni batteri, scoprirono che il DNA era il portatore del materiale genetico, e non le proteine. Ciò fu difficile da dimostrare, dato che i batteri erano considerati esseri “inferiori”, e la convinzione che le proteine fossero le portatrici del materiale genetico.

Anche i batteri e i virus hanno il DNA


Alfred Hersey
Nel 1952 Alfred Hersey ed i suoi compagni di laboratorio stavano studiando la genetica dei batteriofagi (o fagi), batteri che attaccano ed infettano altri batteri.

Batteriofago











Il fago possiede una proteina esterna di rivestimento ed un cuore interno di DNA. Quando deve riprodursi, si attacca al batterio per mezzo della sua coda.
Sapevano che il DNA è ricco di atomi di fosforo (P), mentre le proteine di zolfo (S). Decisero perciò di usare del fosforo radioattivo (32P) e dello zolfo radioattivo (35S) per marcare il DNA e le proteine di un batteriofago, eseguendo poi un esperimento per vedere quale componente veniva iniettate nei batteri. In due esperimenti paralleli misero i fagi marcati con i batteri che non erano stati marcati. Successivamente interruppero l'attacco dei fagi a danno dei batteri, mettendo i due campioni in un agitatore di Waring. Poi misero le due culture in una centrifuga per separare i due concorrenti, facendo depositare i batteri sul fondo e lasciando in sospensione i fagi. Analizzando il campione, osservarono che lo zolfo radioattivo era contenuto nei batteriofagi in sospensione, e non nel sedimento batterico; mentre guardando i batteri contenenti il fosforo radioattivo, si resero conto che si trovava sia in fondo nei batteri sia nei nuovi fagi. Conclusero che il DNA fagico porta con sé le istruzioni per fabbricarne un altro e che il rivestimento proteico esterno serviva solo per trasportare il materiale genetico.